“Ormai siamo arrivati al punto che i cinghiali stanno cacciando gli agricoltori. I danni causati alle coltivazioni dalla fauna selvatica ed in particolare da questi ungulati, nelle zone di Amatrice, Vallepietra e Bracciano, stanno assumendo una gravità tale da impedire l’attività economica delle imprese della zona. Le aziende rischiano di chiudere in breve tempo. Siamo pronti a scendere in piazza pur di arrivare a risolvere la questione una volta per tutte”.
Così il direttore di Coldiretti Rieti, Aldo Mattia, visto il quadro critico che si sta venendo a delineare, nonostante una serie di incontri, negli ultimi mesi, con il direttore del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, il Prefetto di Rieti, la Provincia, la Asl, la Forestale e con Fabio Refrigeri, Assessore alle Infrastrutture, alle Politiche Abitative e all'Ambiente della Regione Lazio.
“E’ tempo di passare dalle parole ai fatti-ha proseguito Mattia- di procedere, in tempi brevi, alle catture dei cinghiali, con la supervisione della Forestale, e di sbloccare i fondi per i rimborsi fuori parco, fermi a cinque anni fa”.
Lo scorso 18 giugno il presidente ed il direttore di Coldiretti Lazio, David Granieri e Aldo Mattia, hanno inviato all’Assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Lazio, Sonia Ricci, una lettera nella quale si chiede “di affrontare al più presto il problema di una gestione razionale della fauna selvatica e nel contempo si da la disponibilità di Coldiretti Lazio a partecipare ai lavori per la definizione di soluzioni appropriate alla gravità del problema”.
“Gli agricoltori-hanno spiegato i dirigenti di Coldiretti nella lettera- sono stanchi di subire le conseguenze di una inefficiente gestione della fauna selvatica, gestione che tentando un compromesso tra le posizioni delle associazioni ambientaliste e quelle della caccia, non riesce a dare risposte razionali e di fatto fa ricadere totalmente sulle imprese agricole le conseguenze di una politica poco lungimirante”.
L’obiettivo di Coldiretti è di arrivare a contenere il numero dei cinghiali per tornare a fare agricoltura nelle zone direttamente colpite, coltivando nei propri campi gli alimenti necessari all’allevamento dei capi bovini e non acquistando i foraggi da altri con notevole aggravio dei costi.